Venerdì al To Human Skills Theory abbiamo raggiunto il sold out. Anzi, lo abbiamo raggiunto più volte perchè avevamo deciso di allargare i numeri degli iscritti per far fronte alle richieste che ci sono pervenute. C’era davvero tanta gente e questo è superlativo! Anzi wonderfulllll, come dice il caro Matteo Refosco, il coordinatore della serata. E’ incredibile come nel vicentino ci siano così tante persone che hanno manifestato la volontà di crescere. Sette i laboratori pensati. Una gioiosa partecipazione. Sono felice per quello che si sta muovendo.
Ecco quindi la seconda parte del testo che ho prodotto per la serata. E’ stato consegnato ai partecipanti in un bel libretto di oltre 100 pagine di contributi inediti dei formatori che con me hanno condotto i laboratori.
Parla dell’importanza di confrontarsi con gli altri, di appartenere a gruppi, di lasciare il tempo a ciascuno di esprimersi e della teoria del mondo giusto, che permea la nostra visione del sistema. Se ci accadono delle cose brutte è perchè ce le siamo meritate. Siamo dei fannulloni, dei peccatori. Abbiamo fatto degli errori e la vita ce li rivomita addosso.
E se fosse solo una teoria?
Gli altri possono aiutarmi a conoscere chi sono?
Un metodo per valutare se stessi è quello del confronto.
Come abbiamo detto narrare significa dover fare il punto, ma anche le virgole, gli interrogativi, gli esclamativi. Raccontarsi è un complesso lavoro personale per trovare nessi e causalità nella nostra storia individuale al fine di permettere agli altri di comprenderla. E’ necessario un ascoltatore disposto a porre un orecchio a disposizione di chi narra se stesso. Nella coscienza che l’ambiente influisce sul comportamento un ascoltatore è buono se non anticipa il narratore, ma gli lascia i suoi spazi per riuscire nel difficile lavoro del racconto di sé, perché ciò significa scoprirsi. Esplorarsi. Scendere nel profondo. Unire i pezzi.
Non sempre l’educatore di un gruppo è l’ascoltatore migliore, perché a volte non fa parte della vita quotidiana della comunità che anima. Questa potrebbe essere la sua forza (essere un esterno), ma anche la sua debolezza per cui alcune frasi per lui non hanno senso. Gli manca il nesso. Non riconosce ciò a cui il narratore si riferisce, solo il gruppo di pari può farlo ponendo quindi il giusto accento alle questioni. I coetanei inoltre possono apprendere qualcosa di nuovo da se stessi anche solo per l’osservazione degli spunti del narratore. Per la verità questo processo accade anche all’educatore, il quale in cuor suo conosce sempre più se stesso dal confronto con gli altri. L’attenzione educativa quindi potremmo considerarla molto vasta, un circolo virtuoso.
Potremmo inoltre tecnicamente considerare le relazioni con altre persone come disposte lungo un continuum che passa dall’estremo delle relazioni interpersonali (faccia a faccia) all’estremo opposto dei comportamenti inter-gruppi (che vedremo nel prossimo paragrafo).
Nelle relazioni personali il rapporto è a due, basato sul confronto delle osservazioni delle minime caratteristiche individuali: io sono così, tu sei colà, siamo diversi e ricchi dei nostri pregi e difetti. Vedo che tu sei stato sincero/timido/cattivo e definisco me stesso dal confronto attivo che ho con te dato dalle nostre somiglianze e differenze. Queste caratteristiche sono a maggior ragione evidenti quando una situazione accade ad un gruppo di persone in maniera identica perché in tal modo sono lampanti le differenti modalità di reazione individuale. Se un gruppo si perde nel bosco, ogni ragazzo farà emergere la propria personalità a fronte dello stesso evento e quando ogni ragazzo narrerà la propria esperienza potrà raccontare se stesso con le qualità evidenziate dal confronto personale con ogni altro partecipante. Il gruppo favorisce la definizione di sè perché fornisce più materiale per il confronto interpersonale semplicemente per il fatto che sono compresenti più persone simultaneamente.
Inoltre è qui fondamentale sottolineare come nelle relazioni interpersonali 1 a 1 c’è l’idea di base che vuole le persone artefici del proprio destino: infatti è implicito che tutti hanno la possibilità di percorrere la propria strada verso l’Io Ideale desiderato, facendo scelte per sé suggerite dal confronto personale con altri individui significativi (genitori, animatori, amici). Questa è l’idea del mondo giusto, secondo la quale ognuno ha ciò che si merita perché il mondo è democratico, nel bene ma anche nel male.
Spunti teorici:
Modernizzazione riflessiva (Beck, Giddens, Lash, 1994)
Modernità liquida (Bauman, 2000)
Adultità emergente (Arnett, 2004)
Teoria di Autopercezione (Bem, 1972)
Teoria del mondo giusto (Lerner, 1977)