L’assertività è la capacità di far rispettare i propri diritti rispettando i diritti degli altri.
L’assertività è sincerità ed obiettività con noi stessi e le nostre emozioni, è ascolto attento dell’altro, è la via dello stare bene. Protegge dallo stress e rinforza dopo le cadute. Si tratta di un’abilità sociale, ma anche di un modo di vedere il mondo: un mondo possibilmente buono a cui possiamo dare fiducia. Contiene il germe della speranza.
L’assertività solca le acque verso gli obiettivi, non è vana: contiene valori e scopi.
L’assertività è manipolabile, segue le regole della casa, in ogni luogo è differente perchè le persone che la abitano sono differenti, è infatti accogliente e rispettosa. L’assertività è paziente, non si vanta, non si gonfia.
L’assertività è uno Stile. L’assertività non si fa, assertivi si è. È il modo di fare le cose che anche altri fanno, ovvero vivere la quotidianità.
L’assertività è la conseguenza di una scelta. L’assertività è la scelta di coerenza, non si fa influenzare. È coraggiosa, mai impavida: conosce la paura e la affronta. Sa come proteggersi dalle critiche.
Vivere coerentemente con le scelte fatte diffondendo accoglienza e gioia.
Per esercitarla potremmo cominciare dai 10 diritti assertivi, da stampare e appendere al frigo (scaricabili qui). Rileggerli sarà un esercizio quotidiano semplice, ma da condividere con le persone con cui condividiamo la casa.
Li ho commentati negli scorsi mesi sulla pagine Facebook, ve li ripropongo ordinati.
Voi soli avete il diritto di giudicare il vostro comportamento, i vostri pensieri e le vostre emozioni, e di assumervene la responsabilità accettandone le conseguenze.
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Il nostro giudizio è autonomo, perchè siamo adulti. Daremo all’opinione altrui il giusto peso, sarà un confronto garbato e rispettoso di punti di vista che non vogliono affossare le opinioni ma trovare una conclusione in cui tutti vincono, non ci sono perdenti.
Crediamo nell’ottica del desiderio, non in quella del bisogno: desideriamo che gli altri ci sostengano, ma non ne abbiamo un bisogno identitario.
Assegnare agli altri la responsabilità delle nostre scelte è una nostra prassi abituale, soprattutto quando falliamo: impariamo ad assumercene la responsabilità.
Voi avete il diritto di non giustificare il vostro comportamento adducendo ragioni, scuse o spiegazioni.
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Si chiede scusa quando si sbaglia, se non sussiste colpa o danno non è necessario.
Chi ci chiede giustificazioni non è interessato alla verità, è interessato a mantenere una posizione di potere su di noi.
Qual è il giusto limite tra il rispetto di me e il rispetto degli altri? La delicatezza.
Voi avete il diritto di decidere SE occuparvi dei problemi degli altri, di decidere di non assumervi la responsabilità di risolvere i problemi altrui.
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Ma se decidete di farlo, non potete dire che siete incastrati: siete voi che vi siete messi in quella posizione. Assumetevi la responsabilità, e fatelo bene. Altrimenti siate chiari nel rinunciare in partenza all’incarico. Pensateci.
Il vostro sì sia sì.
Voi avete il diritto di cambiare parere o opinione, e di cambiare il vostro modo di pensare.
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Possiamo non essere coerenti con quello che gli altri si aspettano da noi, possiamo scegliere altro. Possiamo cambiare!
Possiamo ammettere che non ci eravamo sbagliati, semplicemente abbiamo cambiato idea.
Voi avete il diritto di sbagliare, assumendovi la responsabilità delle eventuali conseguenze negative.
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Gli errori sono non intenzionali: possiamo dire di aver sbagliato solo a posteriori. Se avessimo avuto la consapevolezza prima, certamente non avremmo sbagliato!
Dobbiamo accettare la possibilità di sbagliare.
Solo così possiamo apprendere: non è sciocco o infelice chi cerca di rimediare, ma chi ripete gli stessi errori.
Voi avete il diritto di essere illogici nelle vostre scelte.
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La logica si basa sull’alternativa tra vero e falso, e tutto sembra rientrare in questo spirito binario: giusto, sbagliato, buono, cattivo,…
L’umano -fortunatamente- è più complesso, più personale, più soggettivo. Difficile da ridurre.
Bisogna essere ragionevoli, non razionali. Non logici, ma di senso.
Esprit de finess, alla Pascal: la capacità di intuire tipica degli uomini.
Dobbiamo esserne consapevoli e con onestà intellettuale non spacciare per logico quello che non lo è. Perchè anche ciò che è illogico ha una sua motivazione d’esistere.
Voi avete il diritto di rifiutare una richiesta che porta via troppo tempo o risorse dai vostri impegni.
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Come fate a fare bene le cose che avete scelto se continuate ad essere distratti da ciò che non avete scelto?
Un po’ più di minimalismo e dedizione: saper scegliere cosa fa parte di noi e cosa può procedere al di fuori del nostro controllo.
Una definizione del nostro campo d’azione nel quale siamo speciali e competenti, non tangenti e aspecifici.
Vuoi sentirti speciale? Scegli.
Voi avete il diritto di dire: “Non so”, quando vi si chiede una competenza che non avete.
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Crediamo di essere potenzialmente onnipotenti.
Crediamo di poter bastare a noi stessi.
Per tutte le volte che hai googlato per non ammettere di non sapere e chiudere un dialogo. Hai litigato su temi che non conoscevi per questione di principio. Quando forse avresti potuto chiedere alla persona con te ed ascoltare, e far nascere un confronto significativo sui temi importanti. Invece di essere troppo preoccupato di avere una tua opinione in merito, di voler fare bella figura, di non perdere la fiducia di chi stimi, di farti vedere manchevole, parziale, umano. Eri troppo preoccupato di te per imparare.
Per tutte le volte che ti sei sentito sbagliato, inadeguato quando bastava dire “non so” e saresti stato onesto. Per quelle volte che hai spudoratamente mentito, hai fatto la faccia da poker. Preferici mentire che tacere.
Questo diritto riguarda anche la possibilità di affrontare nuove situazioni senza pretendere di conoscere già ogni loro aspetto. Perdiamo tempo in troppe prove mentali prima dell’azione, rimuginiamo cercando la sicurezza. Ma se già sapessimo tutto, non sarebbe più una ricerca del nuovo. Sarebbe solo un déjà-vu.
Voi avete il diritto di dire: “Non capisco”, a chi non dice chiaramente che cosa si aspetta da voi.
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Non esiste la lettura del pensiero.
Non possiamo aspettarci che gli altri ad un certo punto facciano la cosa che vogliamo perchè lo hanno intuito.
L’amore che intuisce non esiste:
“se mi vuole davvero bene capirà cosa mi fa piacere e cosa no”;
“se non capisce da solo significa che è un ignorante e un irresponsabile”.
Silenzi, frasi che alludono, sguardi giudicanti, situazioni ambigue, sospiri, mal di pancia. Irritazione, colpa.
Parlami, spiegami, confrontiamo i punti di vista: non ho capito!
Voi avete il diritto di dire: “Non mi interessa”, quando gli altri vi vogliono coinvolgere nelle loro iniziative.
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Dobbiamo perdere l’abitudine di sentirci con la coscienza sporca ogniqualvolta non proviamo nulla di suggerito. Una variante sottile della dipendenza dalle iniziative altrui è il perfezionismo: vogliamo migliorare noi stessi, non sentirci mai sufficienti, provare sempre cose nuove e raggiugere risultati ambiziosi anche se a volte non sono quelli che avremmo voluto per noi.
Anche nell’intimità cerchiamo la performance perdendo il valore della scelta personale, non uniformata agli standard mediatici.
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