Italia: quanti sono gli omicidi di donne rispetto al totale?

INTRO. Con ‘sta roba dei femminicidi c’avete rotto!!!

Ci sono domande che ritengo interessanti… Saranno di più i morti a causa della mafia in Italia oppure quelli delle armi da fuoco negli Stati Uniti? Sono più le vittime di attentato o i morti sul lavoro?
Ma soprattutto, quante sono le donne uccise da persone loro vicine rispetto al totale degli assassinati?
Ovvero, davvero la parola femminicidio deve essere così mediaticamente invadente?! …perchè l’ho sempre odiata e mi ha rotto un po’ le scatole!

Il tema del richio percepito è sempre attuale. Molti di noi conosceranno schemi come quelli che analizzano la differenza tra quanto le persone credono sia la probabilità di essere in una condizione rischiosa e quanto invece sia probabile che questo avvenga:

è de-ci-sa-men-te più probabile morire per malattie cardiache rispetto che a causa di un attacco terroristico. Sembra però che i finanziamenti mondiali seguano più una percezione errata delle persone che non i dati statistici. Infatti è questo il punto: se conosco posso scegliere idee politiche più corrisponenti al vero rispetto ai temi salute/sicurezza/ambiente/difesa.
E’ più probabile avere un incidente d’auto che un’avaria dell’aereo. Le percezioni errate sono idee irrealistiche, aspettative incorrette che orientano i nostri processi decisionali.

Da psicologa lo trovo perfin divertente.

La spiegazione tecnica ci dice che nella percezione di rischio rientrano diverse variabili, di natura personale o culturale, che dipendono da come persone si relazionano con la realtà: dalle informazioni possedute circa un dato evento pericoloso, ai valori di riferimento dei singoli o dei gruppi sociali; dal locus of control (la percezione di controllabilità della situazione), alla cultura o all’ambiente sociale in cui si è inseriti; dal valore dei beni coinvolti, all’ipotizzata gravità delle conseguenze.

Perciò «risulta poco sensato parlare di un livello oggettivo di rischio; ciò che conta sono le dinamiche percettive che presiedono alla costruzione socioculturale».

Italia. Numeri di omicidi, donne e assassini.

Nel 2015, ultimo dato disponibile, in Italia il tasso di omicidi ogni 100 mila persone è stato di 0,78. In numero assoluto si tratta di 469 reati di omicidio denunciati.

In Italia la percentuale di vittime femminili sul totale degli omicidi è del 30%.

In Italia ben il 73,3% di queste donne è vittima del proprio partner o di un familiare.

E’ un numero spaventoso.

Lo ridico in altri modi, per essere chiara: 1 vittima su 3 è donna, di queste 3 donne su 4 sono vittima di partner o parenti.
Ripeto, ogni 100 vittime, 30 sono donne. Di queste 22 sono vittima di persone a loro vicine, 8 invece no.
Ancora: il 22% dei delitti sono vittime del partner/familiare.

 

Faccio a tal proposito due considerazioni.

La prima è di carattere psicologico e sociale: abbiamo un problema. L’attenzione mediatica è giustificata, forse bisognerebbe orientare però il focus in maniera più efficace. Abbiamo bisogno di prevenzione, non solo di cura della denuncia. Perchè lì è troppo tardi! La prevenzione deve essere tesa all’interno delle relazioni, nella cultura della relazione sana. Non mi dilungherò sulla mia posizione riguardo a questo tema, se seguite il mio blog, il mio lavoro, le mie formazioni, sapete che è la mia battaglia personale.

La seconda è di carattere mondiale, ovvero questi omicidi sono tanti o pochi? Come si collocano gli altri Paesi?
Vi riporto un’analisi interessante di AGI, Agenzia Giornalistica Italia, che ha pubblicato qui. I risultati dicono che l’Italia è uno Stato che ha i tassi più bassi di omicidi al mondo. Quindi, percentualmente, sono relativamente poche le donne che vengono uccise. Eppure le assassinate sono più probabilmente vittima di qualcuno a loro vicino.

AGI – Il tasso di omicidi, un confronto internazionale

Per quanto riguarda gli omicidi possiamo fare un confronto internazionale basandoci sui dati delle Nazioni Unite per la prevenzione del crimine, qui scaricabili (Homicide counts and rates (2000-2015)).

La definizione di omicidio dell’UNODC è “morte inflitta contro la legge e volontariamente da un essere umano a un altro essere umano”. Sono dunque comprese anche le morti in seguito a gravi lesioni e quelle per attentati terroristici. Non sono compresi invece i morti in guerra, chi viene ucciso per legittima difesa, i suicidi, chi riceve eutanasia, le vittime di omicidi preterintenzionali. Non tutti i Paesi che forniscono i dati all’UNODC rispettano questa definizione, dunque sono possibili leggere imprecisioni nel confronto.

Nel 2015, ultimo dato disponibile, in Italia il tasso di omicidi ogni 100 mila persone è stato di 0,78. In numero assoluto si tratta di 469 reati di omicidio denunciati (dato confermato anche dall’Istat). Si tratta di un minimo storico, che arriva dopo anni di calo costante.

Nel mondo – sempre in base a un rapporto dell’UNODC del 2013 – il tasso è stato di 6,2 ogni 100 mila persone. Nelle Americhe, il continente più violento, di 16,3/100.000, in Africa 12,5/100.000, in Europa 3/100.000, come in Oceania, e in Asia di 2,9/100.000.

Dunque sicuramente l’Italia è nel gruppo di Paesi che hanno un tasso più basso a livello mondiale. Se guardiamo all’Europa, però, ci sono diversi Stati che fanno meglio di noi (dati 2015): Polonia (0,74), Repubblica Ceca (0,75), Irlanda (0,64, in picchiata rispetto al 1,11 del 2014 e del 2013), Norvegia (0,56 nel 2014, ultimo dato disponibile), Spagna (0,66) e Austria (0,51).

Fanno peggio, invece, tutti gli altri grandi Stati europei: Francia (1,58), Germania (0,85) e Regno Unito (0,92, nel 2014). In numeri assoluti parliamo di 1.017 omicidi in Francia (bisogna però considerare che il 2015 è stato l’anno degli attentati terroristici di Charlie Hebdo, Bataclan e ristoranti: l’anno prima erano stati 792), di 682 omicidi in Germania e 594 in Uk.

Alcuni Paesi extra-europei fanno meglio dell’Italia, soprattutto in Asia orientale (dati 2014), come ad esempio la Cina (0,74), il Giappone (0,31), la Corea del Sud (0,74) e l’Indonesia (0,50).

A livello generale resta comunque vero che l’Italia sia tra i Paesi col tasso di omicidi tra i più bassi al mondo. L’UNOCD considera il tasso “basso” se inferiore a 3/100.000 e l’Italia fa addirittura parte del gruppo che sta sotto 1/100.000.

AGI – I femminicidi

Anche per quanto riguarda la questione dei femminicidi possiamo ricorrerei ai dati – sempre qui scaricabili, aggiornati al 2015 o all’anno più recente – dell’UNOCD (Percentage of male and female intentional homicide victims, by country/territory (2000-2015); Male and female homicide victims killed by IPFM (2005-2012)).

In Italia la percentuale di vittime femminili sul totale degli omicidi – come abbiamo detto, comunque molto basso rispetto al resto del mondo – è del 30%.
A livello mondiale, secondo il rapporto UNOCD già citato, la percentuale è del 21%, significativamente più bassa. A livello europeo si arriva al 28%, un dato più vicino ma comunque inferiore.

Inoltre di queste vittime, a livello globale “solo” il 47% è vittima del proprio partner o di un familiare (volendo considerare questa variabile), mentre in Italia è ben il 73,3% del totale.

Facciamo un confronto con altri Stati europei grandi e medio-grandi.

In Germania, dove il tasso di omicidi è poco più alto di quello italiano, le vittime femminili sono il 48% del totale ma “solo” il 50,1% di queste è vittima del partner o di un familiare.

In Spagna, dove invece il tasso di omicidi è poco più basso, le vittime femminili sono il 40% del totale e di queste il 58,1% è vittima del partner o di un familiare.

Nel Regno Unito, che ha un tasso di omicidi più alto dell’Italia, le vittime femminili sono il 35% del totale e di queste è vittima del partner o di un familiare il 67,5%.

Dunque si può concludere che in Italia le vittime femminili siano numericamente poche, grazie al basso tasso di omicidi.

Allo stesso tempo, però, sono una percentuale significativa – poco più alta della media europea e nettamente più alta di quella globale – del totale. Ancora più problematico, le vittime femminili del partner o di un familiare sono quasi i tre quarti.

Negli altri grandi Stati europei la percentuale di vittime femminili è più alta. Ma la quota di quelle uccise da partner o familiari non è altrettanto elevata.

 

Ci sono diverse possibili relazioni tra Cappuccetto Rosso e il lupo. Dobbiamo solo capire come la vogliamo rappresentare. Che tipo di finale vogliamo? Se l’unica possibilità è uccidere il lupo, la storia sarà sempre la stessa.

SEX PILLS – La monogamia è una moda.

Scrive nel 1974 la nota psicoterapeuta Helen Singer Kaplan, madre di tutti i sessuologi del mondo:

Parallelamente va diffondendosi la monogamia: osserviamo sempre più coppie sposate di mezza età che, insoddisfatte della propria vita sessuale, preferiscono migliorarla piuttosto che rischiare incontri sessuali con nuovi partner.

“Va diffondendosi la monogamia” è una scelta lessicale importante.
La Kaplan attribuisce questa tensione alla coppia a due novità dell’epoca: la lunghezza sempre maggiore della speranza di vita media e la diffusione di una consapevolezza verso le malattie sessualmente trasmissibili.

Perchè questa frase, inserita nel Manuale Illustrato di Terapia Sessuale, è così significativa per me? Perchè spesso crediamo che la visione moderna della famiglia nucleare fedele a se stessa sia sempre esistita. Invece si tratta di un prodotto culturale altamente contemporaneo e presupporre che sia sempre stato così è, perlomeno, “un po’ egoista e poco fantasioso e forse un po’ cattolico, e poco divertente, molto presuntuoso, molto limitante“.
Un tempo le coppie non erano statiche: i mariti andavano in guerra e le donne morivano di parto. Molti venivano lasciati agli orfanotrofi. I cadetti erano iscritti ai seminari e nei monasteri. Le donne senza dote rimanevano serve zitelle della famiglia d’origine. Non era semplice avere figli, il ciclo arrivava a 20 anni, molte donne in menopausa precoce venivano ripudiate per questo. La mortalità infantile era elevata e spesso le famiglie non erano che comunità di sopravvivenza: uomini, donne e bambini che si organizzavano per vivere. Ed inoltre… sorelle che si spartivano i figli per garantirsi serenità per la vecchiaia, le balie e fratelli di latte, le adozioni in età adulta.

Basti pensare ad Enrico VIII d’Inghilterra ed alle sue 6 mogli. Ebbe 3 figli che sopravvissero e che vennero considerati legittimi, di cui un solo maschio che ereditò per primo il regno. Ma morì giovane. E quindi furono le sorellastre ad ereditare la corona inglese: una non ebbe figli, la seconda non si sposò mai.

 

La monogamia è attuale e di gran moda. Lo notava la Kaplan negli anni settanta. Prima c’era una società non mantenuta assieme grazie all’amore… riusciresti ad immaginarla?

Far reggere un’intera famiglia appoggiandosi sul variabile sentimento dell’amore è una scommessa moderna in questo mondo di benessere, salute e pace.
Voler riaccendere il desiderio, pretendere un’intimità più soddisfacente, acquisire la capacità di comunicare all’interno della coppia sono esigenze moderne, figlie del nostro tempo.

Preservare l’amore di coppia va oltre l’eredità dei nostri antenati.

E’ una scelta. E’ un dono della nostra epoca.

Gender: il serpente e la mela. La fame della verità.

Serpeggia.

Comincia con giochi da maschio e giochi da femmina. Colori da maschio e da femmina.
Come fosse un serpente incantatore, che ti fa volere quello che lui vuole.
Ti fa scegliere quello che lui, strisciando, ultimo degli animali, ha proposto a te: la maglia della tua squadra preferita o gli ombretti serie limitata.

E tu alla fine cogli la mela. E la offri, assumendoti la responsabilità di essere stato tu.

Finisci col credere che da sempre eri tu a volerlo, un tuo latente desiderio inespresso.
Sei tu in fondo che lo hai sempre voluto.

Solo che un giorno, ti guardi e scopri la tua nudità. Scopri che qualcosa serpeggiava, ha definito cosa eri tu. Ed adesso, che hai occhi nuovi, chi sei?
Giovedì ho condotto la serata sulla costruzione delle identità sessuali per il percorso L’Amore ViGiova assieme alla collega Stefania.

Il progetto nasce da una tavola dei lavori ricca di personalità differenti (e discussioni frequenti), ma abbiamo voluto parlare della costruzione delle identità personali, che ognuno di noi affronta continuamente nella propria vita.
Proprio questa lotta, che mai sembra avere fine, ci accompagna, facendoci percepire sempre lacunosi nella definizione di noi stessi. “Siamo in cammino” sembra essere l’unica risposta possibile. A volte può risultare difficile perchè è faticoso rivalutare chi siamo alla luce delle situazioni che ci mettono nella condizione di dover scegliere. E’ come se nella nostra testa spesso comparisse la domanda:

“…ma se io fossi me, cosa farei in questa situazione?”.

Ridicolo, ma reale.

 

Cercavo il materiale adeguato alla serata finchè non sono inciampata in una presentazione degli studenti per il corso di Psicologia delle Influenze Sociali della prof.ssa Volpato.
Avete presente quando fate una cosa per l’università e pensate “tanto poi non la vedrà più nessuno!”. Beh… no.

Non solo l’ho vista, ma mi è anche piaciuta! Al di là della prima analisi statistica, forse un po’ tecnica, guardate dalla slide 19 in poi. Gli studenti Belloni, Busdon, Carradori, Cesati e Redaelli hanno analizzato le pubblicità Rai2 di ogni sera per una settimana e hanno analizzato cosa vediamo. Guardate come vengono utilizzate le attrici donne per vendere le auto.

 

Eppure…

 

Mi chiedo cosa pensino gli uomini del loro obbligo sociale di conoscere tutte le caratteristiche delle auto. Possono decisamente infischiarsene ed andare in bicicletta?
Ed ancora, possibile che gli uomini in cucina siano solo “grandi chef” o, in alternativa, “impediti totali”, capaci solo di promuovere i 4 Salti In Padella e di svenire con 37,2 linee di febbre?! Anche l’uomo non ha diritto di altre immagini più normalizzanti a cui fare riferimento?

Gli studi sui generi si occupano di questo genere di cose.

Questo è ciò che serpeggia, riusciamo a guardarlo con occhi critici? Con occhi che ci permettano di capire quali sono le spinte che ci giungono dall’esterno e quali invece vogliamo assecondare dall’interno?

Vorrei un mondo di individui consci, “nudi”, nel quale ognuno è fedele a se stesso.

Vorrei un mondo di persone consapevoli che le mele sono state loro offerte, ma mai avrebbero pensato di mangiarle prima di quel momento.
Vorrei un mondo di persone che sappiano cogliere la propria responsabilità di aver comunque colto quella mela, ed averla riproposta, a volte in maniera ossessiva, a chi sta loro attorno. Ai figli, agli amici, ai propri animati.

Cosa stai offrendo agli affamati?

 

Ma se tu fossi in te, ed ora che hai aperto gli occhi sullo strisciante modellamento dei generi maschile e femminile lo sei, cosa offriresti come modello alle persone che ti stanno vicino?

Il desiderio maschile: dolcemente complicato

Maschi e femmine sono diversi, lo sappiamo. Questa nozione ha però portato all’esasperazione di stereotipi riguardo ai ruoli e, soprattutto, alle modalità di funzionamento fino a giungere all’ideazione di figure mitiche dell’Uomo e della Donna.

Uomo e Donna maiuscoli esistono quanto gli unicorni.

Inoltre molto poco sappiamo del punto iniziale e fondamentale della relazione sessuale: il desiderio. Sono rari gli studi che ci permettono di comprendere quali variabili supportano o contrastano il suo accendersi (ma puoi leggere un’approfondimento qui).

Se è vero che l’uomo è più propenso alla sessualità in un rapporto di coppia mentre la donna ricerca di più l’intimità e la vicinanza, dobbiamo anche però affermare che il desiderio maschile non è solo ormoni e pulsioni. Non dobbiamo appiattirci al fallocentrismo.

Alcune ricerche sul desiderio hanno evidenziato il ruolo “macho” dell’uomo, come l’indagine condotta su 203 coppie di lunga durata che conferma le posizioni classiche: donne legate alla relazione e uomini propensi al piacere.

Altre analisi, come quella dello statunitense Rowland, hanno invece sottolineato la complessità che è tipicamente maschile: l’essere propenso al piacere non significa che la risposta sessuale sia lineare ed automatica.

Anche gli studiosi portoghesi Carvalho e Nobre hanno ipotizzato un desiderio maschile complesso, soprattutto influenzato dall’età, dalle problematiche mediche e psicologiche, dalla soddisfazione della relazione di coppia e, incredibilmente, anche dalle credenze erronee riguardo al sesso. Il pregiudizi medesimi riguardo alla sessualità maschile possono influenzare il desiderio stesso dell’uomo!

Gli uomini, quindi, non sono degli animali primitivi!
Come le donne non sono delle pazze nevrotiche che non sanno cosa sia il piacere carnale!

Bisogna prestare attenzione a non banalizzare ne’ sottostimare le situazioni, le emozioni, i pensieri che possono inibire il desiderio.
I fattori fisiologici, psicologici, relazionali ma anche culturali ed educativi hanno un’influenza potentissima sia sulle donne che sugli uomini.

Il desiderio è una gustosa macedonia ed è per questo che per la terapeuta è difficile capire quale ingrediente manca: ce ne sono così tanti!

Un’emozione può far accendere il desiderio. Bisogna solo trovarla…

 

SEX PILLS – Donne e uomini che si autorealizzano

Mi sono commossa guardando questo video in lingua spagnola di sostegno alla campagna ONU di promozione dell’uguaglianza di diritti tra uomini e donne HeForShe, lanciata da Emma Watson. E’ esattamente quello che voglio da questo mondo. E’ la mia lotta, il mio respiro.
 
Parla di un’uguaglianza civile vera, senza pregiudizio, per le donne e per, spesso lo scordiamo, per gli uomini.
Parla delle gioie della vita: la soddisfazione di fare ciò che ci viene bene e di cui ci assumiamo una responsabilità, senza scordare il genere a cui apparteniamo. Di come arrampicarci sulla piramide di Maslow, per giungere a ciò che ognuno di noi ambisce: l’autorealizzazione.
Questa è la mia vocazione di vita, la mia scelta come donna di questa polis, la mia scelta di servizio al prossimo.
 
“Un uomo deve essere ciò che è capace di fare. Egli deve essere coerente con la propria natura. L’autorealizzazione è un desiderio di diventare sempre più ciò che si è idiosincraticamente, di diventare tutto ciò che si è capaci di diventare”.
Maslow

Uomini e sesso anale: fatti una cultura.

Sia la donna sia l’uomo condividono il piacere della stimolazione anale, ma indubbiamente all’uomo piace di più.
La spiegazione è anatomica, con alcune sfumature psicologiche. E molta diatriba culturale.

Cultura anatomica

Entrambi condividono completamente l’anatomia dell’apparato digerente: uno stretto sfintere esterno, un’ampolla interna vuota.

 

Per entrambi è dunque ugualmente piacevole la penetrazione anale: la zona è altamente innervata. Infatti il nervo perineale (perimetrale all’ano) è figlio del pudendo, il generatore di orgasmi poichè trasmette le sensazioni dalla zona genitale al cervello. Entrambi sono qui evidenziati col colore giallo:

 

L’uomo ha una parte anatomica deputata al piacere maschile che non trova una diretta corrispondenza con il corpo femminile: la prostata.
Ve la illustro in una nuova tavola, poichè, come vedete, la zona del corpo è la stessa, ma molto cambia nella sua rappresentazione se si dà rilevanza ad uno o ad un altro particolare. E nulla è più chiaro di una serie di tavole anatomiche, anche se ne ho già parlato qui: La curiosità non ucciderà la prostata.

 

Spesso si sente parlare di prostata solo negativamente, citandola esclusivamente per il cancro. In realtà la prostata è la migliore amica dell’uomo, centro della sua sessualità. Il suo eccitarsi e contrarsi genera il piacere sessuale, è la fonte degli orgasmi maschili per due vie:

  1. dall’accesso attraverso il retto (come in figura; grazie ad un dito o ad una penetrazione di sex toys)
  2. dal passaggio del liquido spermatico che la sollecita causando l’orgasmo (durante l’eiaculazione).

Esistono quindi due imporanti ragioni anatomiche che sottolineano l’importanza del sesso anale sull’uomo: l’innervazione sensibile (come per la donna) e la prostata (esclusiva maschile).

Penetrare ed essere penetrati

Tecnicamente per l’uomo è piacevole penetrare un ano semplicemente per la resistenza che lo sfintere attua sul glande. All’interno invece, come ben si intuisce dalle immagini, si trova una zona lassa, che non è in grado di avvolgere il pene come potrebbe fare una vagina o una bocca. Parte dell’eccitazione di chi penetra è data dal voler fare qualcosa di tabù, che ha il sapore della proibizione, perchè in effetti l’anatomia non spiega tutta questa eccitazione degli uomini verso la penetrazione anale.

Eppure cercando su interet molto si trova sul sesso anale eterosessuale, anche io ho scritto un post qui Giochi olimpici del sesso anale. Ma spesso si lascia intendere che l’unica modalità possibile è quella che vede la donna ad essere penetrata. Anche se sarebbe consigliabile il contrario, o almeno una giocosa intercambiabilità tra i ruoli.

Non è banale: l’ennesimo tabù. Nonostante sia preferibile per l’uomo essere penetrato (da un dito, da un plug) si sottointende un rapporto di potere nel quale la posizione di dominazione è data da chi penetra, mentre l’altro è il passivo sottomesso.

Siamo stanchi dei pregiudizi sulla sessualità!

Ribelliamoci!

Non ci sarà una vera parità dei generi fino a quando gli uomini non potranno decidere dei loro orgasmi e di come fare a procurarseli senza temere per la loro immagine.

Lunga vita agli spermatozoi!

Mi capita ogni tanto di fare 2 + 2.

Sapete quella sensazione strana, un’epifania, un insight. Se non sapete cos’è un insight googlate. Anzi, leggetevi la wikipagina: è quasi magia. V’intripperà.

In ogni caso ho avuto un insight sullo sperma! Mh, sì, detto così.
Infatti ho sempre saputo che gli spermatozoi nascono nei testicoli e hanno un lungo viaggio da affrontare prima di arrivare ad accumularsi preso la vescicola seminale.

Per compiere questo viaggio impiegano circa 70 giorni.

L’altra informazione in mio possesso, e probabilmente a voi nota, è che lo scroto penzola dal corpo maschile per mantenere i testicoli a una temperatura inferiore a quella corporea. Avrete sicuramente notato che in condizioni di temperature artiche (ovvero farsi il bagno al mare) lo scroto avvicina i testicoli al corpo per mantenere la loro temperatura costante. Ecco quindi che la sacchetta scrotale ci permette di fare delle ottime previsioni del tempo.

Infatti la temperatura ideale è attorno ai 33,4°. Diciamo che il freschetto li mantiene belli attivi. Invece un aumento prolungato della temperatura può essere causa di infertilità. Gli uomini non fertili hanno mediamente una temperatura attorno ai 34,75°.

Ed ecco l’insight. Se hai la febbre alta potresti rimanere sterile per 70 giorni.

Infatti tutti gli spermatozoi verrebbero uccisi: sia i nascituri, sia i viandanti del dotto deferente. Ah no? Come ho potuto non arrivarci prima?!

Altre curiosità in: Anatomia Sessuale.