Scrive nel 1974 la nota psicoterapeuta Helen Singer Kaplan, madre di tutti i sessuologi del mondo:
Parallelamente va diffondendosi la monogamia: osserviamo sempre più coppie sposate di mezza età che, insoddisfatte della propria vita sessuale, preferiscono migliorarla piuttosto che rischiare incontri sessuali con nuovi partner.
“Va diffondendosi la monogamia” è una scelta lessicale importante.
La Kaplan attribuisce questa tensione alla coppia a due novità dell’epoca: la lunghezza sempre maggiore della speranza di vita media e la diffusione di una consapevolezza verso le malattie sessualmente trasmissibili.
Perchè questa frase, inserita nel Manuale Illustrato di Terapia Sessuale, è così significativa per me? Perchè spesso crediamo che la visione moderna della famiglia nucleare fedele a se stessa sia sempre esistita. Invece si tratta di un prodotto culturale altamente contemporaneo e presupporre che sia sempre stato così è, perlomeno, “un po’ egoista e poco fantasioso e forse un po’ cattolico, e poco divertente, molto presuntuoso, molto limitante“.
Un tempo le coppie non erano statiche: i mariti andavano in guerra e le donne morivano di parto. Molti venivano lasciati agli orfanotrofi. I cadetti erano iscritti ai seminari e nei monasteri. Le donne senza dote rimanevano serve zitelle della famiglia d’origine. Non era semplice avere figli, il ciclo arrivava a 20 anni, molte donne in menopausa precoce venivano ripudiate per questo. La mortalità infantile era elevata e spesso le famiglie non erano che comunità di sopravvivenza: uomini, donne e bambini che si organizzavano per vivere. Ed inoltre… sorelle che si spartivano i figli per garantirsi serenità per la vecchiaia, le balie e fratelli di latte, le adozioni in età adulta.
Basti pensare ad Enrico VIII d’Inghilterra ed alle sue 6 mogli. Ebbe 3 figli che sopravvissero e che vennero considerati legittimi, di cui un solo maschio che ereditò per primo il regno. Ma morì giovane. E quindi furono le sorellastre ad ereditare la corona inglese: una non ebbe figli, la seconda non si sposò mai.
La monogamia è attuale e di gran moda. Lo notava la Kaplan negli anni settanta. Prima c’era una società non mantenuta assieme grazie all’amore… riusciresti ad immaginarla?
Far reggere un’intera famiglia appoggiandosi sul variabile sentimento dell’amore è una scommessa moderna in questo mondo di benessere, salute e pace.
Voler riaccendere il desiderio, pretendere un’intimità più soddisfacente, acquisire la capacità di comunicare all’interno della coppia sono esigenze moderne, figlie del nostro tempo.
Preservare l’amore di coppia va oltre l’eredità dei nostri antenati.
In questi giorni molto fa discutere la nuova produzione video de The Guardian, il quotidiano britannico, che ha deciso di aggiugere alla sua versione digitale una serie di video dedicati ai genitali femminili. Direi quasi un giornalismo d’inchiesta!
Infatti la giornalista inglese Mona Chalabi e la regista statunitense Mae Ryan cominciano un viaggio di esplorazione per rompere i tabù sul sesso femminile, parlando di anatomia, mestruazioni, orgasmo ed educazione sessuale.
“Molte donne non si sentono a proprio agio con il loro corpo. E molte non lo conoscono abbastanza”, dice Mona, in dialetto veneto un nome che fa da garanzia.
Mixano incredibilmente i modi per parlare dei genitali femminili: accostano la neuroscienza all’arte, partecipano alle riunioni e creano focus group, fanno interviste a donne e uomini di ogni età e si raccontano in prima persona… in un calendoscopio di possibilità… purchè se ne parli!
Mi piace la modalità di presentazione delle tematiche del femminile perchè non giudicanti. Si tratta di allargare le conoscenze, aumentare la propria capacità critica di saper prendere delle decisioni a proposito della propria salute genitale.
Direi di un femminismo di seconda generazione, quello che cerca consapevolezza del femminile ed assunzione di responsabilità, piuttosto che un nemico contro il quale battersi.
Nel primo episodio Mona e Mae vanno in giro per New York con una vulva gigante, incontrano una ginecologa, una chirurga specializzata in plastica vaginale e una donna transessuale per cercare di conoscere l’anatomia femminile e capire perché fa ancora tanta paura.
Qui potete trovare, tradotto da L’Internazionale, il primo episodio sottotitolato in italiano ed, a seguire, gli altri tre.
Ecco, questo sì che è un titolo che cattura l’attenzione!
Potrebbe sembrare una frase addirittura troppo forte. Eppure, davvero, di questo si parla ai convegni di sessuologia. E’ lecito pagare una prostituta perchè possa far conoscere il sesso ad un ragazzo con disabilità? Oppure devono essere i genitori ad insegnare i segreti della masturbazione ai figli? Esistono altre soluzioni, magari più etiche e legali?
ETERNI RAGAZZI…
Il problema è sincero e sentito.
Perchè nonostante i disabili vengano considerati sempre ragazzi, non sono degli angeli senza pulsioni! Quante volte mi è capitato di sentire gli operatori dire “oggi sono stato coi ragazzi al lago di Fimon, per fare un giro” quando i ragazzi hanno anche 30 anni più degli sbarbatelli che li accompagnano. Se un uomo cinquantenne con disabilità intellettiva viene portato al lago da una giovane OSS, ecco, direi che lui potrebbe dire di essere stato in giro coi ragazzi, non di certo lei. Non sono ragazzi prepuberi. Sono uomini e donne: hanno pulsioni ormonali, storie d’amore e di rifiuti, come tutti noi. Si arrabbiano. Si eccitano.
…CON VITE AL LIMITE
Le difficoltà sono differenti per ogni tipo di disabilità che potremmo distinguere in due grandi categorie: mentale/fisica ed acquisita/dalla nascita. Ad esempio un ictus avuto a 45 anni crea dei danni cerebrali che portano ad una vita differente rispetto al ritardo mentale dalla nascita. Oppure nascere senza arti come Simona Atzori è ben diverso dal perderli in un incidente stradale come è successo ad Alex Zanardi.
In ogni caso sono vite che hanno come aspetto centrale la creazione di un’autonomia creativa formata attorno al limite.
CONVEGNO “DISABILITA’: SESSUALITA’ COME DIRITTO”
Sono stata ad un convegno, la scorsa settimana. Ho preparato anche io un contributo, davvero interessante a dire il vero, sull’educazione alla sessualità femminile nella disabilità acquisita. Avevo una gran voglia di fare bella figura perchè avrei parlato dopo Antonino D’Amato e Fabrizio Quattrini, i sessuologi che in Italia si potrebbero definire i più esperti di disabilità. Quattrini è un’esponente dei Lovegiver, un progetto che vuole la creazione in Italia della figura dell’assistente sessuale. Non è che lo dice e basta: hanno presentato un disegno di legge nel 2014, il DDL 1442. Svelto e conciso lo trovate nel sito del Senato qui.
L’assistente sessuale è una figura che si occupa dell’educazione alla sessualità per i disabili. Farà un corso di 200 ore dopo il diploma. Sarà testata attraverso test psicologici come l’MMPI. Condurrà al massimo 10 sessioni con ogni disabile per impedire l’innamoramento reciproco. Non farà sesso penetrativo, ne’ orale. Permetterà al disabile di conoscere il proprio corpo, gli insegnerà a provare piacere, costruirà una relazione basata sul contatto.
Quattrini ha già incontrato 80 candidati per questo corso, moltissimi dei quali sono già infermieri, OSS, fisioterapisti… La maggior parte già svolge un altro lavoro in ambito sanitario, vuole solo migliorare la sua formazione per essere più utile ai pazienti che segue.
I MIEI DUBBI
Al convegno ero talmente assorta che non ho fatto domande. Ma ho i miei dubbi.
Ho deciso di renderli pubblici qui per creare un dibattito, forse la mia visione è lacunosa, magari qualcuno potrebbe aiutarmi a prendere posizione. O forse c’è in giro un’idea geniale per risolvere questo dilemma: è solo necessario confrontarsi!
E’ necessario un DDL per creare una nuova figura?
A mio parere no. Sembra che l’assistente sessuale in questo momento non esista in Italia perchè andrebbe a cozzare con la legge Merlin.
Non credo sia vero: in Italia la prostituzione non è reato. Lo sfruttamento della prostituzione lo è. Diciamo piuttosto che è lavoro nero perchè non esiste un Codice Attività presso l’Agenzia delle Entrate che possa permettere l’apertura di una Partita Iva riferita solo alla prostituzione.
D’altronde, fa notare proprio Quattrini, non esiste nemmeno il Codice Attività per i sessuologi. Infatti tecnicamente non esistono i sessuologi in Italia. Ognuno di noi fattura le sue prestazioni in base alla professione principale, ovvero “consulenza psicologica” per quanto riguarda me, Quattrini e D’Amato. Infatti si sta presentando proprio in questi tempi una richiesta allo Stato di riconoscimento rispetto al lavoro specializzato che facciamo. Eppure al momento non c’è nulla, e nonostante questo lavoriamo. Perchè non potrebbe accadere lo stesso al fisioterapista che vuole fare l’assistente sessuale? Fattura come fisioterapista libero professionista e poi si dedica alla sessualità.
A Firenze ho una cara amica e collega fisioterapista che si dedica solo ed esclusivamente al perineo: Desiree. Non credo che qualcuno possa dire che non è parte del suo lavoro toccare la zona genitale, aiutare il paziente a riscoprire la sua anatomia, aiutarlo ad esplorarsi.
La mia superamica Elena, ostetrica e consulente sessuale, ha portato come tesi presso la scuola Elementale di Arte Ostetrica l’uso dello specchio nell’esplorazione delle donne. Ora conduce con successo corsi sul perineo che terminano con una visita di valutazione.
Forse queste donne pioniere dovrebbero essere segnalate per abuso di professione e reato di prostituzione?
Sono davvero necessarie queste figure in Italia? Non sarebbe invece meglio lavorare sulla costruzione di una rete di professionisti già specializzati nel settore che possono acquisire maggiore sensibilità nei confronti della disabilità? Non si dovrebbe porre il problema all’interno delle equipe delle Comunità e delle Case di Riposo, dei Centri Diurni e degli Ospedali? Così che ogni professionista che passa nella vita di un disabile abbia la sensibilità di confrontarsi sulla sessualità. Ad ognuno il suo pezzetto: lo psicologo un po’, il fisioterapista un po’, l’OSS un po’, e poi i gruppi di confronto, le famiglie, la società…
Perchè non può essere Desiree la professionista giusta per la riabilitazione di un perineo di una donna che ha subito un incidente?
Da 12 anni studio psicologia sociale e sessuologia: davvero la mia formazione per la costruzione di modelli di educazione alla sessualità può essere abbattuta da un corso di 200 ore? Fatico a crederlo.
Se il DDL prevedesse la rinascita della prostituzione potrei capire che si tratta di un’importante novità. Ma qui si parla di educazione alla sessualità a 360gradi… meno 1, ovvero il sesso. Perchè di sesso agito in realtà non si parla.
Come mai del resto in Italia. Anche perchè c’è quel “piccolo” dettaglio della circonvenzione di incapace che rimane essere reato…
Insomma, non credo possa essere la svolta. Qualcos’altro forse. Ma non questo.
Oppure, forse, non riesco a credere che per alcune persone gli abbracci possano essere solo a pagamento.
— !!! video interessanti !!! —
UNO:
Ne approfitto per sponsorizzare il bellissimo documentario del 2014 sul tema The Special Need, girato tra il Friuli, l’Austria e la Germania alla ricerca di assistenti sessuali per il divertente Enea… un mio coetaneo con un po’ di autismo e molta (aiutatemi a dire molta) voglia di. Molta. Ce la faranno i suoi amici a soddisfarlo? Ma soprattutto… cosa vuole Enea in realtà?
[nono, non sono sardi, sono friulani, errore da principianti: mandi!]
DUE:
Più sul classico, più internazionale, ma forse più esaustivo riguardo alle problematiche connesse all’esplorazione reciproca dei corpi, The Sessions.
Scrivo questo post per rispondere alle FAQ di chi sta pensando di andare dalla sessuologa perchè mi sono accorta che venire a trovarmi è davvero difficile. Spero di dissipare qualche dubbio e rispondere alle curiosità di voi lettori del blog che da sempre vi chiedete cosa mai potrà accadere nello studio della sessuologa perbene? 🙂
La strada fisica è facile
Basta dire “strada per… Studio Zanellato Vicenza” al vostro smartphone e ti condurrà fino a qui, pensa che io faccio così per tornare dai posti sperduti!
Oppure posso condividerti la posizione su WhatsApp da cui potrai accedere anche alla pagina facebook. Nessuno ha mai avuto problemi con il parcheggio.
La strada del cambiamento è difficile
E’ davvero complicato alzare il telefono e chiamarmi per fissare il primo appuntamento. E’ difficile accordarsi con il proprio partner, guardarlo negli occhi e dire “adesso andiamo da una sessuologa”.
E’ impegnativo trovare del tempo per fermarsi, riconsiderare le proprie idee e ascoltarne altre. Lo sforzo poi non è solo il tempo dell’incontro ma la messa in discussione di ciò che si è.
Io non incontro persone con gravi problematiche psicologiche. Incontro persone che stanno bene ma vorrebbero più piacere condiviso nella propria vita. Incontro persone coscienti, sapienti, modellate dalla loro storia di vita ma che vorrebbero cambiare. Sembrano alberi: radici, fusti, rami con nodi e fiori alla ricerca del sole. Incontro persone motivate a varcare la soglia dello studio. Incontro persone che stimo per il coraggio che stanno dimostrando.
Si siedono con me alla scrivania, faccio firmare la privacy e mi raccontano di sè. Mi parlano fluidamente di quale pensano sia il problema. Io ascolto, scrivo e faccio qualche domanda per capire in cosa posso essere utile. Se ho di fronte una coppia cerco di far parlare entrambi e di cogliere se ci sono delle divergenze d’opinione.
Spiego loro che il gioco è tutto loro: io porto la palla, ma non sono ne’ l’arbitro ne’ il portiere.
Spesso do un compito per casa: qualcosa a cui pensare, un esercizio creativo, un’azione da compiere. E’ importante non pensare che tutto accadrà nello Studio. La vita è fuori di qui!
Ci metto un po’ a capire qual è il problema. Spesso le persone mi narrano di un sintomo, di una situazione che li disturba, ma non sanno dirmi perchè. A volte non sanno dirmi cosa vorrebbero per il loro futuro, cosa significherebbe per loro aver risolto. Anzi considerano questa domanda spiazzante perchè ci si aspetta che io dica loro cosa devono fare per stare bene. Sembra che le persone si scordino cosa significa per loro la felicità. Io non impongo la mia idea di benessere, ma chiedo di formularne una… sempre che sia legale!
Per questa ragione incontro separatamente i membri della coppia, così che possano raccontarmi in tutta riservatezza il loro punto di vista, la loro storia personale, le vecchie fiamme, i ricordi dell’infanzia, le opinioni sulla suocera… senza dover dosare le parole per la presenza dell’altro. Io faccio parecchie domande sullo stato di salute, la famiglia, il sesso…
Quando ho raccolto i dati contratto l’obiettivo: cosa significa per noi risolvere la situazione? Quando il nostro percorso potrà dirsi concluso?
Ed ecco che comincia la parte di lavoro più faticosa e ci accomodiamo sul divano perchè, come dice il mio collega Elia Barbiero, se dobbiamo fare una cosa difficile dobbiamo metterci comodi. Per la verità lui si riferiva al pelare le patate, ma credo che le massime di vita possano essere dei passepartout.
Da qui ogni percorso è diverso. Chiaramente la sessuologia indica delle linee di comportamento abbastanza standardizzate: il problema è che nessuna persona che conosco è “normale”. Non esistono eiaculatori precoci normali. Esistono coppie, vissuti, situazioni, strategie funzionali e strategie fallite. Storie.
Si piange, alle volte. Si ride, spesso. Ci si arrabbia, ci si imbarazza. Ci si solleva. Si prende coscienza.
E’ un viaggio. Ed io sono un’entusiasta passeggera.
Per i più curiosi ecco le foto che ho fatto al mio studio.
A me piace parecchio, è sicuramente a mia immagine e somiglianza.
Maschi e femmine sono diversi, lo sappiamo. Questa nozione ha però portato all’esasperazione di stereotipi riguardo ai ruoli e, soprattutto, alle modalità di funzionamento fino a giungere all’ideazione di figure mitiche dell’Uomo e della Donna.
Uomo e Donna maiuscoli esistono quanto gli unicorni.
Inoltre molto poco sappiamo del punto iniziale e fondamentale della relazione sessuale: il desiderio. Sono rari gli studi che ci permettono di comprendere quali variabili supportano o contrastano il suo accendersi (ma puoi leggere un’approfondimento qui).
Se è vero che l’uomo è più propenso alla sessualità in un rapporto di coppia mentre la donna ricerca di più l’intimità e la vicinanza, dobbiamo anche però affermare che il desiderio maschile non è solo ormoni e pulsioni. Non dobbiamo appiattirci al fallocentrismo.
Alcune ricerche sul desiderio hanno evidenziato il ruolo “macho” dell’uomo, come l’indagine condotta su 203 coppie di lunga durata che conferma le posizioni classiche: donne legate alla relazione e uomini propensi al piacere.
Altre analisi, come quella dello statunitense Rowland, hanno invece sottolineato la complessità che è tipicamente maschile: l’essere propenso al piacere non significa che la risposta sessuale sia lineare ed automatica.
Anche gli studiosi portoghesi Carvalho e Nobre hanno ipotizzato un desiderio maschile complesso, soprattutto influenzato dall’età, dalle problematiche mediche e psicologiche, dalla soddisfazione della relazione di coppia e, incredibilmente, anche dalle credenze erronee riguardo al sesso. Il pregiudizi medesimi riguardo alla sessualità maschile possono influenzare il desiderio stesso dell’uomo!
Gli uomini, quindi, non sono degli animali primitivi!
Come le donne non sono delle pazze nevrotiche che non sanno cosa sia il piacere carnale!
Bisogna prestare attenzione a non banalizzare ne’ sottostimare le situazioni, le emozioni, i pensieri che possono inibire il desiderio.
I fattori fisiologici, psicologici, relazionali ma anche culturali ed educativi hanno un’influenza potentissima sia sulle donne che sugli uomini.
Il desiderio è una gustosa macedonia ed è per questo che per la terapeuta è difficile capire quale ingrediente manca: ce ne sono così tanti!
Un’emozione può far accendere il desiderio. Bisogna solo trovarla…
Un giorno di primavera sboccia nei messaggi in arrivo una mail così:
Buongiorno dottoressa, mi chiamo Gaia Torti, sono una studentessa dell’Accademia di Belle Arti (NABA) di Milano, per l’esame di Interaction Design io ed alcuni miei compagni stiamo sviluppando una ricerca sul sesso online e la pornografia: come viene percepita dalle persone qui in Italia e se è da considerare come un processo naturale dell’uomo oppure una deformazione. Siamo partiti osservando fenomeni tecnologici come videogame erotici (tipicamente giapponesi) con controller specifici per i genitali maschili e tecnologie più generiche come Oculus Rift che hanno avuto un ampio utilizzo e sviluppo nel porno. Per dare delle basi più interessanti e solide alla nostra ricerca, stiamo organizzando delle brevi interviste, ci sarebbe piaciuto avere anche un’opinione esperta.
Come posso rifiutare?
Gaia sogna in grande, vuol far partire un progetto in Italia, forse un documentario. E’ una ragazza che interroga e si interroga.
Decido di approfondire con lei il tema, ricontrollo appunti, navigo, faccio domande ad altri. Per prepararmi adeguatamente passo una serata a bere vinelli e a discutere sui giapponesi e il porno.
Quando mi sento pronta rispondo.
Gaia:
Secondo Lei il sesso online è un fattore positivo per le persone? Oppure rischia di allontanarle progressivamente dalla realtà, più complessa e meno immediata?
Anna:
Parto da una premessa generale. Il sesso online non è ne’ positivo ne’ negativo: è solo sesso! Il problema della morale legato alla sessualità è molto ampio ma interessante: l’autore Jung, quasi 100 anni fa, scriveva “Come nel primo Medioevo le attività connesse col denaro erano considerate con disprezzo, perché non esisteva ancora una morale casuistica e differenziata che regola questo settore, ma esisteva solo una morale “complessiva”, una morale “globale”, così oggi abbiamo soltanto una morale sessuale anch’essa globale. […] Una forma d’amore che non sia contemplata dalla legge è immorale, sia che nasca tra uomini degni, sia che nasca tra mascalzoni.”
La sessualità è quindi considerata immorale come accadde per il denaro durante il primo Medioevo, ovvero perché non possediamo ancora delle regole che possano attribuirle una morale specifica. Non la consideriamo un argomento a sé stante. Il denaro può essere buono o cattivo a seconda della persona che lo possiede, non perché è denaro. Gode di un’ambiguità innata. Allo stesso modo il sesso è solo un atto che non possiede di per sé morale: possiamo attribuirgliela arbitrariamente. Per questo non possiamo dire se il sesso online è un fattore positivo, poiché dipende dalle persone che lo praticano. E qui giungiamo ad un’altra difficoltà: come possiamo dire se le persone sono positive o negative?
A questo si aggiunge una complessità importante, quella dimensionale. La vita è in 3D e in più c’è il tempo. Sono variabili importanti che permettono di poter esporre parti di noi un poco alla volta. Nessuno ci conosce con gli stessi occhi: io sono diversa per Silvia, Maria o Gaia. Invece su internet progettare una privacy diversificata è difficile e quindi tutti possono vedere tutto contemporaneamente: io sono uguale sia per Silvia che per Maria che per Gaia. Potremmo dire che sono appiattita in 2D e il tempo è una variabile schiacciata. La conoscenza dell’altro non avviene per gradi, ma tutta contemporanea: basta sfogliare profili.
In ogni caso si tratta di una realtà: internet non è falso perché è creato da persone vere. Così come nella vita offline ci possono essere difficoltà di relazione. E prostituzione.
G: Sono molti i siti e le applicazioni che permettono alle persone di fare “sesso via chat” tra persone che non si conoscono e probabilmente non avranno mai un vero contatto fuori dalla realtà virtuale.
Su alcuni siti, come ad esempio Habbo, c’erano casi di prostituzione online, utenti che offrivano in cambio di semplici chat erotiche pagamenti in oggetti del gioco (che erano a loro volta pagati in moneta reale dall’utente).
Cosa c’è nell’esperienza sessuale virtuale di così attraente da arrivare a pagarla?
A: Ogni esperienza può essere così attraente da far giungere le persone a pagarla. Quante volte abbiamo comprato oggetti inutili solo per il gusto di farlo (magari gli stessi oggetti del gioco). La psicologia della decisione ci insegna che non è l’acquisto in sé la parte rilevante, ma spesso il senso di possesso che ne deriva. Qui ritorna la premessa sulla morale: è solo perché è sesso che dobbiamo valutarla come impropria?
G: E per quanto riguarda il sesso online tra coppie che vivono a distanza, è un fattore che può contribuire al rafforzamento della coppia?
Alcune aziende hanno creato dei prototipi di robot in grado di trasmettere un bacio, basandosi sui movimenti percepiti dai sensori, ad un altro robot che li riproduce in tempo reale.
E’ una tecnologia che potrebbe essere effettivamente utile per una coppia a distanza?
A: Le coppie che vivono a distanza hanno moltissime difficoltà, ma anche dei benefici. Ad esempio la convivenza può essere considerata una difficoltà che per molte coppie risulta insuperabile. Quindi partiamo dal presupposto che molto dipende dalla coppia e dalla relazione che si è instaurata tra i due: può essere difficile vivere lontani, ma anche un ottimo terreno dove far crescere la propria relazione. Sicuramente ogni coppia deve avere una buona comunicazione, chiara, intima e complice. Se la complicità cresce anche con la sperimentazione di prototipi che fanno sentire più vicini… perché no? E’ chiaro che non sarà un vero bacio, ma se questo ci fa sorridere e giocare virtualmente con il nostro amato…
A mio parere è importante non prendersi troppo sul serio e non credere che uno strumento sia l’espressione reale di un bacio. Sarebbe come, e qui faccio un paragone forte, pensare che la fecondazione in vitro sia sesso. Certamente è generativo, spesso raggiunge l’obiettivo della fecondità meglio dell’originale, ma è evidente che non si tratta della stessa cosa. Il bacio può non essere uguale, bisogna essere coscienti del limite. E, all’interno del limite, giocarsela.
G: Negli ultimi anni sono state sviluppate nuove tecnologie in ambito videoludico per aumentare l’esperienza di gioco, in Giappone, queste nuove tecnologie si sono fuse con la pornografia, dando vita a controller specifici per genitali maschili, una sorta di fusione tra sex toys e controller per console, indirizzati a videogame erotici dove il giocatore simula un effettivo rapporto sessuale.
hanno allegato 2 immagini:
(Immagine del gioco Custom Maid 3D con cui si può giocare con il controller di cui stiamo parlando, dove ci si crea la propria domestica personalizzata in ogni minimo dettaglio)
(Altra immagine di Custom Maid 3d che lo pubblicizza insieme all’uso dell’Oculus e dello specifico controller)
L’uomo ha davvero bisogno di questa tecnologia per il proprio appagamento sessuale?
E’ una cosa che si può definire sana, come un normale sex toy, oppure è un modo per alienarsi definitivamente dal contatto con altre persone?
A: L’uomo non necessita di nessun oggetto per il proprio appagamento sessuale. Eppure l’eros è una pulsione primaria che necessita la soddisfazione. E’ anche istinto di vita, di generatività, di creatività, di passionalità. Nonostante questa forza dalle straordinarie qualità questo istinto può essere troppo dirompente e deve sapersi contenere entro regole sociali apprese nel corso della nostra vita. Ma rimane. Per questo la società dei consumi cerca di stimolarlo per riuscire a portare le persone a compiere azioni d’acquisto non ragionate, ma istintive. Pensate ad ogni pubblicità con ammiccamenti sessuali, doppi sensi o semplicemente l’uso di bellissime donne. Vogliono sguinzagliare l’istinto primordiale. Le persone spendono capitali per sentirsi sexy (intimo, abiti, estetista). Razionalmente sarebbero tutte spese inutili: quindi in linea generale direi che qualsiasi oggetto per l’appagamento sessuale non ha “bisogno” di essere acquistato.
Nonostante questo uomini e donne acquistano frivolezze. E spesso fanno bene.
Aggiungo che bisogna differenziare lo strumento da chi ne fa uso.
I giocatori online non sono isolati socialmente, anzi direi che spesso hanno gruppi di appartenenza molto forti con i quali instaurano reali rapporti d’amicizia. Chi è in grado di relazionarsi con persone diverse e mantenere relazioni di lungo corso online è in grado di farlo anche offline. E’ stata notata una correlazione molto forte tra numero di amici nella vita reale e numero di amici virtuali: chi ha molti amici li ha in entrambi i mondi. Chi non possiede una intelligenza sociale (una delle più difficili da sviluppare) non sarà in grado di creare contatti.
In ogni caso persone instabili psicologicamente ci sono in ogni ambito, probabilmente anche in questo. Ma l’alienazione non dipende dallo strumento: non può esserne la causa. La causa è prima, o meglio dentro. Prima dell’alienazione, dentro di noi.
Bisogna saper distinguere la causa dall’uso. L’uso di eroina non ne è la sua causa prima, giusto? Sarebbe paradossale.
G: Perché, secondo lei, viene prediletto da alcune persone, in particolar modo dai giapponesi, lo stile manga, rispetto a quello reale, sia nella pornografia classica che in quella dei videogame?
A: Ogni cultura ha delle rappresentazioni specifiche. Molto della sessualità è basato sulla cultura: ad esempio in molte culture l’eiaculazione è inibita (indù, giainiste, buddiste) mentre in occidente questo non avrebbe significato. Oppure l’omosessualità: Stati dello stesso continente hanno una grandissima differenziazione per quanto riguarda le coppie di persone dello stesso sesso. I Kàbada (Colombia) considerano la masturbazione più eccitante del rapporto penetrativo. Gli esempi possono essere centinaia perché il sesso non è innato, ma è appreso. Nasciamo non fecondi e attraversiamo la pubertà che modifica il nostro modo di essere. Tutto questo avviene in una cultura che ci plasma e ci modella.
Perché i giapponesi mangiano sushi e non risotto ai frutti di mare?
G: Il Giappone è conosciuto per avere una florida industria pornografica, che non si limita a video e fumetti, ma soprattutto a videogame, che molto spesso hanno tematiche di violenza, stupro e sottomissione.
C’è un gioco dove l’obbiettivo è pedinare e poi stuprare una determinata ragazza, dove il gameplay si basa appunto sul pedinamento, evitando ostacoli e cercando di nascondersi, dove come finale, in caso di vittoria, si potrà afferrare la ragazza e violentarla.
Hanno allegato 2 immagini.
(Immagini di gioco prese da Biko 3 dove appunto si pedina e poi si violenta la ragazza scelta tra 3 o più candidate)
Chi apprezza questo genere è da considerare una persona pericolosa, un potenziale maniaco sessuale?
Oppure semplicemente una persona con dei gusti particolari, che si diverte in maniera innocente, senza nuocere fisicamente a nessuno?
Perché certe persone piace giocare a giochi dove si può stuprare, oppure leggere\vedere fumetti\video sempre su questi argomenti?
Molte persone a difesa dei giocatori di questi videogiochi, affermano che se una persona gioca ad un gioco di guerra, non crederà di poter imbracciare un’arma ed uscire ad uccidere la gente, quindi stesso discorso vale per giochi con tematiche come lo stupro.
A: La fantasia più diffusa tra le donne è la fantasia dello stupro. Eppure nessuna di loro davvero vuole che questo avvenga, ma l’idea immaginata è considerata eccitante.
In sessuologia vi è una grandissima differenza tra fantasie e desideri. Farò un esempio forse banale ma di sicuro successo: molte persone, durante il rapporto sessuale, immaginano di essere fusi con l’altro. Questo può essere considerato romantico e culturalmente apprezzato: “ci siamo sentiti una cosa sola”. E’ ovvio che è falso: non si è realmente fusi! E’ solo una fantasia impossibile. Non si è una sola carne: è sesso.
Quindi diventa chiaro ai nostri occhi cos’è la fantasia. Altro invece è il desiderio: questo vuole essere messo in pratica. Se un desiderio verrà continuamente frustrato verrà abbandonato.
Se una donna fantastica lo stupro non ha nulla di strano o malato: è una normale variante di gusto. Se lo desidera invece cade in un paradosso irrealizzabile: desidera un atto non desiderato.
In ogni caso questa fantasia è più diffusa nelle donne che negli uomini. E questo accade senza l’uso di videogiochi violenti e, tra l’altro, senza nessun sostegno della società. E’ una fantasia non culturalmente accettata. Addirittura donne che vengono realmente stuprate aspettano a denunciare il fatto perché ritengono di esserselo meritato perché ne hanno fantasticato l’evento e perciò si sentono in parte responsabili dell’accaduto. Nulla di più sbagliato: per questo ribadisco anche qui la differenza tra fantasie e realtà.
Capisco le perplessità legate al gioco, che sembra collocarsi in una nicchia tra la fantasia e il desiderio perché in un certo senso permette un maggiore agito rispetto alla mera fantasia. I giochi esistono da sempre nella società e permettono ai bambini di sperimentarsi in ambiti controllati. Poi gli adulti li perfezionano, ma nessuno di noi smette di giocare. Esistono giochi che servono per finalità diverse e l’online riesce a raggruppare più finalità in una.
Giochi di competizione (agon): in genere tutte le competizioni, sia sportive che mentali
Giochi di azzardo (alea): i giochi dove il fattore primario è la fortuna
Giochi di simulacro (mimicry): i cosiddetti “giochi di ruolo” dove si diventa “altro”
Giochi di vertigine (ilinx): Tutti quei giochi in cui si gioca a provocare noi stessi.
Possiamo quindi capire perché questo gioco piaccia.
Ogni gioco può far perdere il controllo, vedi i giochi d’azzardo oppure sport estremamente pericolosi in cui si prova il brivido della vertigine. Questo forse è il dato più interessante.
Un’altra variabile però interessante è quella legata all’apprendimento: quanto di quello che impariamo è legato all’emulazione? Bandura, psicologo padre dell’apprendimento, direbbe moltissimo. Altri autori invece definiscono riduttivo immaginare che tutto ciò che facciamo è causato direttamente da un precedente. Questa è una questione cardine della psicologia e non è ancora stata risolta.
G: Secondo lei, a fronte della forte diminuzione delle nascite in Giappone, c’è una qualche correlazione tra i problemi relazionali uomo/donna e la loro produzione di materiale pornografico, che tende sempre di più a rendere soddisfacente a livello sensoriale ciò che è virtuale?
Da parte di alcuni paesi come il Giappone c’è una concezione della pornografia e dell’erotismo in generale, molto diversa dalla concezione che ne hanno paesi come il nostro. Tuttavia, secondo lei, perché l’occidente ha una visione del sesso fisico molto più aperta mentre invece i giochi di sesso online sono visti più spesso come pratiche per menti distorte? Invece nel mondo orientale come hanno fatto così tanti prodotti inerenti alla violenza sessuale o altro ad emergere se in quel mondo spesso il sesso fisico è considerato un tabù?
A: Quando guardiamo le altre culture portiamo sempre dei cannocchiali con delle lenti particolari: le nostre. I giapponesi potrebbero considerare invece molto strano l’uso dei video porno amatoriali che fanno gli occidentali.
La cultura giapponese ha dei valori di fondo che ne orientano la crescita in un modo che per noi non è concepibile. Non saprei dire se la diminuzione delle nascite è in realtà in qualche modo correlata con i loro modi di lavorare piuttosto che dalla religione.
Quel che sappiamo è che la pornografia non rende ciechi. Come già detto in precedenza è uno strumento e nessuno strumento è male di per sé, ma può essere sbagliato nelle mani di alcune persone che lo usano malamente.
Non rende ciechi, ma piuttosto può creare delle difficoltà relazionali se a lungo andare viene usata come unico approccio all’altro (o allo stesso) sesso. Uomini e donne pensano che tutti i genitali siano depilati perché la cultura pornografica li rappresenta così. I ragazzi delle scuole superiori non sanno dove dovrebbero crescere i peli della vulva semplicemente perché non li hanno mai visti. Confrontarsi con un mondo solamente prestazionale può dare delle aspettative distorte rispetto alla realtà. Donne dagli orgasmi facili e prolungati; uomini dalle prestazioni di marmo.
Aggiungo che la visione massiccia di pornografia fa in modo che sia l’utente a adeguarsi al ritmo del video, spesso causando eiaculazione precoce nella vita reale.
E’ evidente che non è la realtà. Ma è una realtà con delle sue logiche. L’importante è considerare questa scissione, questo limite presente. E divertirsi all’interno del limite. Sondarne le sue possibilità, trovare ciò che è di nostro gusto ed evitare quello che non ci piace.
Non è la tecnologia ad avere problemi psicologici. Se lo fosse saremmo giunti ad un’intelligenza artificiale.
Siamo noi che abbiamo problemi, o forse, che ce li facciamo.
La scorsa settimana ho conosciuto John Mpaliza. E’ venuto a fare colazione da me assieme alla mia amica e collega Stefania. Avevo cucinato una torta. Abbiamo passato tutta la giornata assieme incontrando i giovani della città nelle scuole e nelle piazze per denunciare la situazione congolese.
John è un ingeniere informatico italiano originario del Congo. Da quando nel 2009 è tornato nella sua terra natale per visitare la sua famiglia d’origine si è reso conto che c’è qualcosa che non va: il silenzio su una guerra civile che devasta la popolazione locale da 20 anni. La Repubblica “Democratica” del Congo è un ricchissimo paese grande 8 volte l’Italia. John dice che “Dio aveva una cesta sulla testa piena di ricchezze, ma giunto in Africa è inciampato sul Kilimangiaro sparpagliando tutto ciò che aveva in Congo”.
“Questo è il problema del mio popolo: la ricchezza“.
La situazione si è aggravata da quando nel mondo si è diffuso il bisogno di una materiale speciale per l’industria dell’elettronica che viene estratto nelle cave a cielo aperto congolesi: il COLTAN acquistato lì a 20 centesimi al chilo (e qualche carico d’armi), viene rivenduto in Europa a 600 euro al chilo. “Non è forse un furto?” ci chiede John.
John marcia per sensibilizzare l’opinione pubblica, esige la tracciabilità dei materiali dell’hi tech, vuole che questi non giungano in occidente dalle zone di guerra congolesi. Perchè sono i bambini rapiti o orfani i migliori minatori e bambini sono anche i soldati che li controllano. Intere aree ricche di materie prime vengono saccheggiate allontanando la popolazione locale utilizzando soprattutto lo stupro sulle donne come arma di guerra e di pulizia etnica.
Una donna violentata, oltre ad essere una vittima di una violenza fisica e di un trauma psicologico gravissimo, non è più accettata dalla famiglia d’origine ne’ desiderata come potenziale moglie. E’ macchiata, segnata, sporca. Intoccabile. Questa è la classica modalità con cui si allontanano le donne dalle popolazioni locali e, se nessuna donna è degna di essere sposata, qual è il futuro per quel villaggio?
Si smembrano le famiglie. Il tessuto sociale viene distrutto.
Alcune di loro si suicidano.
E spesso i figli saranno quelli degli stupratori: per questa ragione si parla di pulizia etnica.
Lo stupro non è quindi solamente uno dei tanti fatti gravi che possono avvenire durante una guerra. Una violenza spontanea. La violenza sessuale è pianificata. E’ una strategia. E’ quindi un crimine contro l’umanità.
In Congo la situazione è ancora più drammatica. Lo stupro viene organizzato dalle milizie anche perchè è l’arma più economica. Molte donne vengono rapite e accompagnano i soldati come fossero uno straziante bordello itinerante.
Si tratta di una violenza incredibile: lo scopo è rendere le donne sterili devastando i loro apparati genitali. Sono comuni stupri di gruppo e con oggetti: vogliono lancinarle. Usano gli acidi per bruciare le vagine. Sparano sulle vulve. Diffondono l’AIDS. Generano fistole e incontinenza nelle donne di tutte le età, non più capaci di trattenere la pipì.
Non più in grado di vivere.
Anche la sorella di John è sparita. Ed anche almeno dieci delle sue cugine.
Sperano che siano morte.
“Ancora oggi, le nuove vittime sono circa 7 al giorno“: ad affermarlo di recente è stato il dottor Denis Mukwege, il ginecologo che dal 1999 nell’ospedale Panzi della città di Bukavu si impegna a curare queste donne ed è stato perciò candidato anche al Nobel per la Pace.
E’ lui l’uomo che ripara le donne in Congo. All’inizio voleva aprire una casa maternità per far nascere in sicurezza i bambini. Poi si è reso conto che la richiesta silente era un’altra: le donne vogliono tornare a vivere. Volevano essere ricucite.
Mukwege denuncia ciò che accade nel suo Paese, per questo è stato anche attaccato. Ora vive praticamente rinchiuso in ospedale e le stesse donne si turnano per fargli da guardia del corpo.
Una piccola storia positiva in un mare di atrocità.
Un orrore di cui ognuno di noi ha un souvenir: lo stai guardando in questo momento.
Spesso mi presento, o vengo presentata, come AnnaLaSessuologa e la professione che svolgo non passa inosservata.
Sicuramente per questioni statistiche: quante sessuologhe conoscete di persona?
Io molte! E spesso non hanno di certo le fattezze della pornostar. Eppure quando si parla di sesso la mente guizza ed associa un erotismo spiccato e peccaminoso al tema.
Il mio problema è proprio questo: il sesso è considerato peccaminoso ed il fatto che io parli di peni e vagine tutto il giorno fa di me una persona un po’ torbida, perlomeno eccessivamente disinibita o sfrontata.
Le mie riflessioni sono giunte a due importanti snodi, che vorrei portare alla vostra attenzione.
Punto 1. Innanzitutto una buona illuminazione l’ho avuto leggendo un passaggio di Carl Jung durante questo weekend. Un fine settimana davvero prezioso e rigenerante, tra passeggiate sull’Altopiano e SPA. E Jung:
Come nel primo Medioevo le attività connesse col denaro erano considerate con disprezzo, perché non esisteva ancora una morale casuistica e differenziata che regola questo settore, ma esisteva solo una morale “complessiva”, una morale “globale”, così oggi abbiamo soltanto una morale sessuale anch’essa globale. […] Una forma d’amore che non sia contemplata dalla legge è immorale, sia che nasca tra uomini degni, sia che nasca tra mascalzoni.
La sessualità è quindi considerata immorale come accadde per il denaro durante il primo Medioevo, ovvero perché non abbiamo ancora delle regole che possano attribuirle una morale particolare. Non la consideriamo un argomento a sé stante. Il denaro può essere buono o cattivo a seconda della persona che lo possiede, non perché è denaro. Gode di un’ambiguità innata; il che mi porta a dover ogni volta rendere noto che io sono una donna degna, non una mascalzona. Fino a che non vi sarà una morale sessuale più differenziata.
Punto 1. Anche la seconda intuizione nasce dalla storia della psicologia. In effetti i professionisti utilizzano spesso test proiettivi. Come quello delle macchie di Rorschach, per citare il più celebre. Come è noto gli psicologi sono degli esserini malefici che cercano di entrare nella testa delle persone, e tipicamente utilizzano strumenti adatti allo scopo. I test proiettivi sono semplicemente degli stimoli ambigui che vengono presentati al paziente, il quale ci vede quello che gli pare suggerito dalle idee che dimorano nella sua testa (date dalla sua storia, dalla cultura di appartenenza, dalle sue emozioni, …). Insomma uno ci vede quello che ci vuole vedere.
1 + 1 Evidentemente la sessuologa è una figura atipica, rara ed ambigua. Se ci vedi qualcosa di malevolo, allora forse sei tu che ce lo piazzi. Insomma, fatti due domande.
Ecco quindi che è nata una nuova rubrica! Intitolata ** DIARIO DI UNA SESSUOLOGA PERBENE **, sulla falsariga di un celebre libro e telefilm, cerca di rendere noto al pubblico che senza dubbio sono una professionista degna, ma spesso attorno a me le situazioni diventano inaspettate, a volte esilaranti, a volte deprimenti. Nonostante io cerchi sempre di rimanere salda… Inoltre così posso darvi la scusa per ficcanasare sulla mia vita professionale e capire che razza di mestiere è quello della sessuologa.
Questa rubrica è pubblicata sulla pagina facebook dello Studio, perché non voglio schiacciarvi di post pieni di stupidaggini della mia quotidiana lotta verso una moralità sessuale.
Eppure i post pubblicati fino ad ora hanno avuto un grande successo (a conferma di quanto pruriginosi voi siate: [ndr: ciao Alba!]), non solo dalla rete ma soprattutto dalle persone reali che incontro tutti i giorni e che hanno letto le mie ultime vicissitudini. “Ho saputo che…!” – segue commento. E’ questo quello che cerco: che di sessualità se ne parli, che di sessualità si discuta, si rifletta, si commenti.
Chissà che non si arrivi a sviluppare un pensiero simile a quello di Jung:
L’erotismo è in fondo una forza strapotente che, al pari della Natura, si lascia sopraffare e sfruttare come fosse impotente. Ma il trionfo sulla Natura si paga sempre molto caro. La Natura non ha bisogno di dichiarazioni di principio.
Avevo (finalmente?!) qualcosa da dire: così ho fatto il mio primo video… sulla vulva.
Spero che sentendomi parlare per un quarto d’ora svaniscano molti dubbi. Se dovesse ancora esserci qualche perplessità, sapete dove trovarmi!
In questo video il disegno anatomico verrà realizzato passo passo, evidenziando tutte le componenti della zona della vulva: grandi labbra, piccole labbra, clitoride, ingresso della vagina e dell’uretra.
Si vedranno anche le funzioni delle varie componenti, per dare risposta a molti dubbi: com’è fatto il clitoride e dove si trova? Da dove fanno la pipì le donne? Grandi e piccole labbra, sono davvero grandi e piccole? L’ingresso della vagina dov’è? Come fa ad aprirsi? L’imene di una donna… scompare?
Voglio soprattutto rispondere alla domanda femminile: sono normale? Cosa c’è lì sotto che non posso vedere?
Nulla è meglio di uno specchietto, comunque! 😉 Poichè la rappresentazione del reale non è mai reale, come la mappa non è il territorio: nulla è di meglio dell’originale.
Mi sono commossa guardando questo video in lingua spagnola di sostegno alla campagna ONU di promozione dell’uguaglianza di diritti tra uomini e donne HeForShe, lanciata da Emma Watson. E’ esattamente quello che voglio da questo mondo. E’ la mia lotta, il mio respiro.
Parla di un’uguaglianza civile vera, senza pregiudizio, per le donne e per, spesso lo scordiamo, per gli uomini.
Parla delle gioie della vita: la soddisfazione di fare ciò che ci viene bene e di cui ci assumiamo una responsabilità, senza scordare il genere a cui apparteniamo. Di come arrampicarci sulla piramide di Maslow, per giungere a ciò che ognuno di noi ambisce: l’autorealizzazione.
Questa è la mia vocazione di vita, la mia scelta come donna di questa polis, la mia scelta di servizio al prossimo.
“Un uomo deve essere ciò che è capace di fare. Egli deve essere coerente con la propria natura. L’autorealizzazione è un desiderio di diventare sempre più ciò che si è idiosincraticamente, di diventare tutto ciò che si è capaci di diventare”.